Prima regola: non abusare del punto e a capo.

Dal 5 febbraio del 2003 sono passati cinque anni tondi e cinque anni, per me, dovrebbero essere assai: il tempo giusto per cambiare le cose e marcare un confine, prendere una laurea, trovare un lavoro e prendere la patente, magari sposarsi e fare un figlio che, come dice mia nonna, alla mia età lei teneva già tre criaturi. Manco a dirlo (e per certi versi, fortunatamente),  non è avvenuto niente di tutto ciò: ho sì lavorato, ho sì aperto libri, ho sì tagliato i capelli mangiato le unghie cambiato le scarpe e le canzoni nel emmepitre (che, tra l’altro, cinque anni fa non era nel novero delle cose conosciute) ma sono andata lenta pur senza calma, che certe volte mi pareva e mi pare ancora non già di non aver fatto passi avanti ma, addirittura, di essere tornata indietro a quando facevo le superiori, con l’autobus per il ritorno a casa impantanato in qualche canaletta dell’acqua, l’accelleratore a vuoto lungo la strada che costeggiava i campi  e le poche fabbriche.

Quando pioveva mettevo sempre in conto di ritornare a casa con ore di ritardo, fuori il buio e sulla tavola la pasta riscaldata per mio padre; a differenza di oggi non opponevo resistenza al tempo che si apriva nel corridoio lungo di un autobus scolastico. Le altre ragazze avevano il guaglione con la macchina: facevamo le sei ore ridotte e alle due meno venti la piazza, la chiesa, il pennone dove appendevano i briganti, non avevano più forma perchè in strada c’erano solo macchie di colori e clacson, le canzoni stupide di tellmiwaaay dagli autoradio. Io non avevo nient’altro da fare, nemmeno la posta elettronica o un telefonino da mettere in carica ed ero, credo, abituata a non avere nulla da aspettare, una volta in camera mia, che il necessario era solo tenere i piedi al caldo per non riprendermi i geloni.

All’università le cose erano già diverse: apprendevo con poca soddisfazione che rientrare a casa significava fare un passo indietro rispetto a ciò che volevo. Sono passate cose e anni ma so ancora la sensazione, come una cicca di sigaretta che ancora brucia. Cinque anni fa davo il mio primo esame e il rientro a casa mia pareva tollerabile solo perchè tonravo indietro seduta in macchina. Pure il tempo, mi pareva improvvisamente diverso, perchè erano giorni che mi dicevano chiaramente che stavo lavorando per me e questa sensazione da cantiere stradale, sul mio corpo, sull’anima, sul futuro che mi vedevo avanti, bianco come i palazzoni dell’università, mi faceva piacere e sorriso. Mi pareva di non lottare con le ore che i minuti, le settimane, i mesi che avevo pazientemente atteso erano giunte e fra me e quello che sarei diventata non c’erano più ostacoli.

Ora, detto fra me e voi, e senza piagnistei di sorta, gli ostacoli sono arrivati. Paolo Fox dà la colpa a qualche transito planetario, io a qualche altro scauzacane, ma su di una cosa siamo d’accordo: le cose sono andate a rilento, e per certi versi mi è parso di andare avanti a bocconi. Ciò significa che ogni giorno mi è parso buono per ricominciare ed ogni pomeriggio per posticipare. Il mio vecchio blog, che di vecchio ha solo un certo pizzico di imbarazzo quando leggo cose che ho scritto ed oggi mi sembrano emerite stronzate, ha raccolto un bel po’ di quelle giornate.

Ora, invece, mi mi sa che è il momento di andare punto e a capo.

PS: dalla provincia a Napoli sono 100 chilometri e un’ora e mezza due di viaggio, a guardare il mare dal finestrino e il porto di Salerno. Allo spazio temporale che si apre nell’autobus sita, alle incognite stradali fra Torre Annunziata e Corso Malta, ci ho messo la colonna sonora: se cliccate play sul widget di Last Fm (nella colonna a lato), la potrete ascoltare insieme a me.

Commenti

  1. Aggiungo il mio personale in bocca al lupo. Apprezzo inoltre la scelta editoriale che Baraghini è donchisciottesco quanto basta per essere un uomo interessante.

  2. @ciro: lo sapevo saresti stato il primo. Comunque sì, cominciamo da qui.
    @valeria: a presto, ci conto
    @manfredi: si, tutti contro i mulini a vento…e speriamo che in primavera ce ne sia. Crepi il lupo!
    @Mariarita: inviata email
    @Sieno: ho fatto come Totò,abbondiamo sennò poi dicono che siamo tirati.