Prospettiva Fiamminga
“Se potessi scegliere come cominciare una storia, ecco, sceglierei di cominciarla dal momento peggiore. Intendo il punto più basso: quello in cui ci si sputa in faccia per strada, per intenderci, in cui ci si rinfaccia il costo dei regali e il modo in cui era apparecchiata la tavola. Tutto questo, per me, rappresenterebbe un inizio quasi perfetto, perchè alla banalità dei primi incontri e stupori, delle dolcezze che uno pensa di avere solo per sé, preferisco la sorpresa di uno schiaffo nel bel mezzo di una cena”. Lina ha detto questo, l’ha detto guardando dritta in camera da dietro le lenti leggere che usa mettersi adesso da quando quelli della produzione le hanno detto che è un’ochetta. Ha legato i capelli in una treccia dall’intento mortificante e va blaterando nei programmi di seconda serata la cartella stampa del nuovo film. Gliel’ho scritta io, questa battuta, l’ho appuntata con coscienza, prima sul taccuino poi sul notebook poi in word, e sono molto fiero del modo in cui lei la ripete perchè l’ho scritta, impressa e ripetuta, figurandomi esattamente quello che oggi vedo: una ragazza chiara di occhi, bianca come la camicia che ha addosso, convinta di non aver più illusioni e talmente stupida da non accorgersi di credere nella più grande. Convinta, come ha letto sul Cosmopolitan, che basti fare nodi ai capelli per essere impenetrabile. Lina ha, in quest’ottica, l’ottuso ottimismo che hanno certe ventenni: l’ha preso dritto dritto dai cartoni animati, dai biscotti ai cinque cereali, dai programmi di fascia pomeridiana, dai libri da ragazzetta che le ho visto in borsa. La sua è una speranza senza profondità: crede in tutte le cose buone e in nessuna delle cattive sentite alla tivù; crede nel tempo, nell’amore, nel filo sottile che lega taluni, nelle strade tracciate nel cuore degli altri come in certe canzoni di Fossati. Il suo è un quadro prospettico che include l’universo intero di cose la cui conoscenza può essere integrata tramite internet.
So bene l’effetto che fa agli altri, perchè lo ha fatto anche a me e per mesi m’ha lasciato a bocca aperta come davanti ad una pittura fiamminga, perso a decifrare tutti i personaggi e gli elementi, l’assoluta relazione degli uni con gli altri e il loro essere, al tempo stesso, slegati come in miniature e giustapposti senza alcun criterio. Ho provato a cercare un ordine di idee in Lina, nella sua mente così come negli occhi vacui che vanno tanto sulle copertine perchè la fanno sembrare una che appena finito di scopare. Dell’onnicomprensività del suo essere il regista e gli altri attori, compreso quello che nel film fa il suo compagno, ridono compiaciuti e compiti e poi dicono maturità, dicono saggezza, serietà, equilibrio, giudizio, assennatezza, accortezza. Le accarezzano tutti la testa come s’accarezza un cane. Lei sorride e fa lo sguardo acquoso tanto richiesto, che pare essere un meccanismo automatico ed autentico di cui lei stessa non conosce il trucco: se fosse consapevole delle cose che riesce a fare probabilmente non le riuscirebbero più per la profonda complessità di azioni e piccoli, infinitesimali, movimenti muscolari che richiedono, l’eccessiva sintesi di procedimenti e di piani molari. Quando sul set le dicono di “guardare con intensità”, di “guardare veramente”, puntualmente non le riesce. Devono farla bere prima: due o tre bicchieri a seconda del luccicchio desiderato. Lei stessa pare contenta di questa serie di cose, perchè é stata zitta per i primi ventidue anni della sua vita e adesso può ripetere a cazzo di cane tutte le cose che ha imparato come ad una interrogazione. Il suo stesso corpo, riflesso da mille specchi come quando andava dal parrucchiere nel paese suo e giocava a guardarsi le espressioni da un lato, dall’altro, da dietro e ancora, figurandosi di non essere poi Lina per davvero. Io gliel’ho detto, una sera, gliel’ho detto chiaro forte in faccia alzando la voce, che non c’è orgoglio nell’essere un bignami della cultura popolare degli ultimi vent’anni.
“Una storia, allora, andrebbe iniziata dalla fine? E il suo film?” Il conduttore adesso ride sarcastico, chiamandosi pure le risate del pubblico. Dicono tutti che prima o poi lo lincenzieranno perchè non sa trattenersi dal fare battute cattive e adesso lo spero anch’io, che non ho previsto contradditorio. “Per essere la protagonista del nuovo film d’amore in uscita è un punto di vista molto particolare, no?” fa adesso, incalzando. Lina pare in difficoltà, dietro gli occhiali. L’ho vista guardare in sala, il regista, l’attore compagno e poi ha guardato me, mi ha guardato fisso o forse ho pensato io che mi stesse guardando, forse era solo lo sguardo annacquato che va tanto. “Oh, non ho mica detto che il momento peggiore di una storia rappresenta la fine di una storia. Anzi – ha detto, ridendo leggera pure lei, modulando il suo tono su quello del padrone di casa -. Sarebbe troppo semplice pensare che l’amore tra due persone finisca nel momento esatto in cui, che ne so, ci si comincia ad odiare, quando si comincia a parlare male dell’altro, a guardarlo come una persona nuova e non ancora conosciuta, che nemmeno ci va di conoscere ma verso la quale sentiamo ancora, chissà perché, un’attrazione! Invece mica finisce tutto lì, magari!”, ha detto, e il giornalista del patinato del venerdì già mi faceva segno per programmare un’intervista., già sillabava: “voglio la copertina”. Ma Lina, dall’altro lato dello studio, in piena luce, adesso sorrideva e sapevo esattamente cosa stava per dire, perchè me l’aveva detto la prima notte passata insieme: “che gli amori, gli amori si somigliano tutti”.