Shön, dass Du da bist!*

Una gentile voce femminile mi annuncia, per tempo, che il tram sta girando su Moll Straße (mooolstchasce), entro al Reichstag alle nove e dieci di sera dopo una fila di un´ora, una fila ordinatissima perfetta tra inglesi cinesi spagnoli, mentre sul Tiergarten alle mie spalle scende uno spicchio geometrico di luna arancione. Bevo l´ennesima berliner weiße rot, l´ennesimo apfel schorle, stesa sul Lustgarten davanti il Dom. Il Berliner Dom. Sul Franzosische Dom invece ci salgo, 235 scalini, salgo anche sulla torre della televisione. Vedo Elisabetta e Christian agli Hackesche Hofe e il nostro parlare ha  quattro stadi (italiano,  inglese, traduzione in tedesco, traduzione in italiano) e due posti dove sedere, un cortile e una tascaria. Vado agli archivi Bauhaus, sogno quegli archivi da anni e quando ci arrivo io non cui stanno esposizioni, ma si puo´camminare attorno alla costruzione con l´audioguida in inglese. Vado al Museo ebraico. Al Museo ebraico ci sono delle sale che si chiamano void, vuoti. Tu ci entri e non sono riscaldate, hanno una sola presa di luce a 27metri d´altezza,  in pratica dei buchi neri all´incrocio della storia, tu ci entri e dietro di te si chiude la porta. A terra ci stanno delle piastre d´acciaio, con due tagli per gli occhi, uno per la bocca, uno per il naso. Il manifesto dice che bisognerebbe camminarci sopra per sentire il rumore che fanno, ma la poca gente che resta per piu´di due secondi sta tutta in un angolo. Io ci resto di piu´ ma sto ferma pure io. All´uscita mi accorgo che ho fatto il percorso al contrario, sono passata prima per le sale di storia recente per finire con le origini. Alle origini sta un albero, ti danno un foglietto a forma di frutto, tu ci scrivi un pensiero, un desiderio, e poi sali ad attaccarlo tra le foglie. Di foglie qui ce né´un sacco, tra Unter den linden e Potsdamer Platz.

 

*Che bello che sei qui!

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