(e tu chi sarai, e chi saremo?)
– me, credevo che non si potesse più, invece poi si è potuto ancora
– me, ai primi esami avevo sempre bisogno di un uomo che m’accompagnasse
– me, ai primi esami avevo sempre bisogno di un regalino, fosse stato pure un mars
– me, ho ancora il regalino dell’esame di economia politica attaccato alle chiavi
– fortunatamente l’uomo dell’epoca non regalava mars
– noi, si stava sui prati vicino la mensa. vedo che non si fa più e ciò mi dispiace
– noi, si lasciava la macchina in posizioni assurde. vedo che si fa ancora e ciò mi fa incazzare
– noi, si vedeva la neve sopra al monastero. la neve sta sempre, per fortuna
– noi, si diceva, con piglio, che c’erano gli abusi edilizi sulla montagna
– e si chiedeva un passaggio vicino alla rotatoria
– noi si rischiava la morte
– e si aspettava il 57 per Acquamela
– noi si andava al cineforum in certe macchine scassatissime dai nomi strani
– e si cantavano le canzoni di Janis Joplin strusciandosi lungo i muri
– e uscendo sulla porta al Cry Babe
– noi si cantavano anche i Beatles
– (it’s getting hard to be someone but it all works out)
– noi e anche me sola, che l’aria era violetta e le sigarette tante
– noi si prendeva la cioccolata calda n.22 al bar Atene dissertando della pronunzia inglese di Elisa la cantante
– noi, non c’era ancora la residenza universitaria
– e manco tre-quattro-cinque palazzoni
– quindi si abitava in posti sparsi dai nomi come: penta baronissi lancusi baiano nocelleto
– o nelle famigerate casette rosa
– le famigerate casette roooosa
– e nelle nostre case c’era sempre gente, sempre due piatti da lavare, sempre odore di mangiato, sempre vino, sempre thé, sempre sigarette
– che vergogna pensarci adesso, al bottiglione da due litri di lambrusco!
– agli hamburger impanati
– ai Nomadi in concerto
– non eravamo tipi underground, proprio no
– io no sicuro
– quando ci dicevamo che era una cosa buona avere del vuoto nelle nostre vite, così avevamo spazio per noi
– noi che aspettavamo sempre la neve per uscire nei giardini
– andando a seguire economia politica, tagliando a piedi per certe strade di campagna
– e alle volte ci si doveva fermare per far passare le pecore
– noi si mangiava la pizza al Flamenco
– e si facevano anche giochi con le patatine fritte le sere che c’erano le partite
– meglio non raccontare di quei giochi
– noi si usciva dal letto alle una di notte per andare in un altro letto
– e guardavamo film francesi in divx cercando di non pensare alla persona
– persona che dormiva di fianco
– di fianco tipo attaccata
– tipo sottiletta
– me, appendevo i racconti su un foglio di compensato alle mostre della Sui Generis
– quindi li staccavo
– i miei racconti erano due di numero
– e una persona mi scrisse che s’era riconosciuta e le era piaciuto sapere chi fosse. S’era pure trovata meglio di quel che credeva.
– noi si studiava l’uno di fronte all’altro
– noi si festesteggiava l’ultima puntata di DC
– noi si aspettava
– specialmente verso le quattro di pomeriggio
– e aspettando si fumava nell’angolo di grate sopra la biblioteca
– noi ci si abbracciava molto spesso
– ma si pagava il caffè a parte
– il cameriere aveva i muscoli, i capelli lunghi, la coda e ci tenne a farmi sapere che apparteneva al segno zodiacale del cancro
– noi, ci si diceva che sarebbe cambiato tutto presto e le cose che non dovevano cambiare sarebbero invece tornate come torna natale l’estate le ferie l’appello e l’essere grandi
– e anche io, io sarei stata presto meglio e gli altri stronzi sarebbero morti tutti per lasciarci soli come bambini a casa
– noi avevamo un quaderno blu ad anelli in cui appuntavamo le cose divertenti, come una specie di registro
– per paura di dimenticare, che poi si è dimenticato comunque
– che sul registro stava scritto: piano piano prendi la scimmia
– e anche: non restare chiuso qui, pensiero!
– 18 novembre giornata del segnale semiotico
– e la battuta migliore mai fatta
– benché esistesse di già internet, noi ci scrivevamo le lettere
– e ci fotografavamo con il rullino
– ordinavamo le dispense da fotocopiare in blocco
– io per te tu per me fai anche tu quest’esame così non ci perdiamo
– in mezzo alle altre matricole pari dispari
– siamo 5oo solo nell’anno nostro e nei corridoi c’é già la ressa per prendere un posto a sedere
– sediamoci a terra, sediamoci vicini
– per non avere scelta
– per non perderci mai
– noi litigavamo
– me, ho tirato a terra tazze da caffè
– e non sapevo ancora che la mattonella dove arrivarono i pietrizzi di porcellana avrebbe rappresentato l’unità di misura della distanza fra le nostre persone
– quindi noi litigavamo per telefono e ci minacciavamo di morte
– noi non ci siamo più parlati
– e non so dire se sia stato poi meglio o peggio o che
– noi che questo è il set naturale per un film horror.
– i palazzoni bianchi alti come torrette d’ospedale risucchiano l’energia dagli studenti del primo anno
– me che non sono mai riuscita a fare i corridoi con calma dopo la chiusura del bar blu
– me che non sono mai riuscita a salire al terminal con calma dopo le sei e mezza di pomeriggio
– o si
– sì, eddài, smettiamola di giocare al ribasso. sì, ci sono riuscita, l’ho fatto e anche più di una volta.
– però ho avuto molta paura nel bagno davanti all’aula 5 di lettere
– l’aula 5 di lettere è un’aula a me molto cara.
– anche l’aula 9
– ma su tutte, l’aula 12: il posto della polvere e del buio, dei pomeriggi seduti stretti a guardare.
– comunque. procediamo col pratico: la macchinetta del caffè per antonomasia è quella vicino a economia. lasciate perdere quelle di giurisprudenza, non sono buone.
– quando cercate una stanza di un docente a Fisciano, portatevi le provviste per una traversata nell’oceano in zattera
– oppure chiamatemi, adesso so tutto, compreso il luogo esatto in cui riceve il prof. Mele
– sempre ci sia ancora qualcuno che sceglie di dare fra gli esami a scelta, Storia del teatro e dello spettacolo
– è un bell’esame, veramente dico. Su Dante e su Seneca, e tutto un fatto bello sulla Domus Aurea
– e vedetevi tutti tutti eXistenZ, il film di Cronemberg
– insomma, venite preparati
– una volta un tizio mi ha fermato nei corridoi e mi ha fatto la dichiarazione. sapeva tutto di me, anche il numero di carta d’identità
– una volta un tizio voleva farmi un test dal settimanale gioia sulle mie preferenze sessuali
– una volta un tizio mi ha scritto una poesia in rima baciata e io gli volevo bene
– una volta un tizio mi inseguiva. Si chiamava Orlando.
– una volta dei tizi mi hanno fermato nei corridoi e mi hanno chiesto di recitare una poesia di Palazzeschi. Il video sta su youtube, loro sono dei pazzi.
– poi a Fisciano io mi sono innamorata, una volta
– anzi due
– no, una
– una, seriamente
– il bacio con questa persona è avvenuto alla fermata dell’autobus
– ogni santa volta che vado a fisciano ci passo davanti e l’autista chiede se c’è qualcuno che deve scendere o se può procedere diritto. Prima mi faceva specie, adesso no.
– ultimamente ci penso con un certo douceur, come a dire, ma vedi che tenera deficiente che ero
– a ballare il valzer senza musica, al buio, solo perché faceva freddo
– quando mi baciai col tizio in questione, poi il tizio in questione cominciò a mandarmi sms con scritto: “sto arrivando”
– e un amico mio mi prese in giro, che i miei baci facevano questo effetto, in differita
– io dicevo: bestia! muori!
– ma no, dai che scherzavo
– non morire mai mai mai per favore
– mi disse che con me avrebbe voluto una cosa più, com’era la parola? ah, sì”normale”.
– e che comunque, io ero “bionda”?
– allora, ti ricordi?, mi son tagliata i capelli quasi a zero
– mi ha detto che stavo bene
– tutti mi hanno detto che stavo bene
– allora son stata bene
– e dopo un anno, quando abitavo in via nastri, é venuto a casa mia e gli ho fatto da mangiare
– si è messo a cantare pure una certa canzone che io gli avevo detto mesi e mesi prima, passandogli il cd e la sua voce si è alzata su quella del noto cantautore come fanno i bambini sulle sedie per recitare la poesia
– mi sono cercata nel cuore con la mano sinistra, quella non insaponata, che stavo lavando i piatti
– e non l’ho trovato
– ecco, quella è una delle cose che ricordo di più
– insieme ad un’altra sera a fare i test del cosmopolitan
– e una mattina, fuori al bar di ingegneria
– e ad un pranzo di natale
– i nomi, le patenti perse, le spese fatte assieme, il giorno che il gel per capelli finì
– diciamo che mi ricordo quasi tutto
– ma tutto come fosse un universo parallelo connesso a me solo da un varco temporale messo di taglio fra i corridoi, e io non fossi mai stata lì per davvero, con le treccine i ponpon i pistons ai piedi, con le persone che reputavo amici, quelli che pensavo di non poter vivere senza, e anche tu non fossi tu
– credo questa sia l’unica scusa che ho trovato
– perché invece c’eravamo tutti, ed eravamo così gioiosi, così vicini, saturati negli attimi, sovraesposti ed esplosi, e siamo andati
– a giocare a biliardo all’autogrill
Fuori, erano le tre di notte
e diciamo che pure se non ci siamo mai conosciuti io mi ricordo quasi tutto uguale uguale…
Il porno pizzaiolo coi capelli lunghi, andare a salerno a vedere linea d’ombra con una panda verde chernobyl, il sentiero che da penta sbucava dietro la biblioteca, i gelati mangiati sulla scale di emergenza della biblioteca, i giardini più appartati dietro giurisprudenza per quando si voleva parlare da soli e non volevi incotrare tutti gli altri dei giardinetti davanti alla mensa. L’aria violetta della prima sera. Il vento fortissimo. E fuori era già buio.
Tutto ciò è fantastico. Pur non facendo parte di quel mondo ho letto tutto d’un fiato. Fantastico.
(io fotografo ancora con i rullini)
sono commosso pur senza sapere niente
cioè tipo alle due di notte, ora che ho un figlio che dorme sul mio petto, tu mi hai fatto tornare indietro di 10-15 anni (sono quasi commosso)…ho sempre creduto che fare l’università a fisciano fosse una gran bella esperienza
grazie
Penso ti fa piacere sapere che leggendo questo tuo raccnto ho telefonato a un’amica che non sentivo da un sacco di anni un po’ per i motvi simili a quelli che scrivi. E stato come risentire Epic dei Faith no more ma grazie a te mi sono ricordato cose più forti dei motivi che ci avevano allontanato di quindi io ti auguro lo stesso eti faccio i complimenti per il sito e i racconti. Ti ho aggiunto su facebook. Ciao
brava
Mi sono ritrovata a sentire nostalgia per momenti mai vissuti, ma è come se fossero diventati miei.
Stupendo.