Avete presente quella canzone che fa: “mi dici che ti emoziona il tramonto e io ti chiedo se ce l’hai per caso in tasca un chewingum” ? Ecco
Cose buone di questo periodo sono:
– l’abbassamento delle temperature
– la nuova serie di Lie to me
– l’uscita in libreria di Strozzateci tutti, raccolta antimafia edita da Aliberti Editore.
L’antologia l’ha curata Marcello Ravveduto: Marcello è uno storico, studia la modernizzazione delle mafie, ed è da sempre attento a combattere con parole e impegno la pervasività, la normalità dei fenomeni camorristici nella vita quotidiana. Non so se è supefluo dire che gli voglio molto bene: insomma, a lui non lo dico mai, ma è una di quelle persone per cui posso dire di provare un autentico affetto intellettuale, e credo che certe cose sia bene ribadirle. Perché Strozzateci tutti è, in parte, anche questo: in 600 e più pagine è racchiusa la voglia di ventitré persone di mettersi a lavorare assieme, senza protagonismi di sorta, ad una causa comune, per dare una risposta articolata e civile. Una risposta attiva.
Quando, nel 2009, ad Olbia, Berlusconi dichiarò che se avesse potuto avrebbe strozzato gli scrittori che, parlando di mafia, facevano fare una così bella figura all’Italia, mi sono chiesta se era davvero possibile raccontare la nostra vita, il nostro paese, senza menzionarne i problemi, il disagio, senza porsi e fare domande su di un sistema economico e sociale parallelo, tanto radicato quanto moderno. Ma sono dicotomica e la questione io la riducevo ad un interrogativo semplice: scrivere o non scrivere. Mi ero laureata da meno di una settimana e nella mia tesi avevo macinato pagine e pagine su come la camorra s’era fatta riconoscibile e presente, l’avevo fatto partendo da una base leggera: analizzare le commedie degli anni Ottanta e confrontarle con la storia di Napoli, vedere dove nasce lo stereotipo e dove cominciano i fatti, la storia. E a metà strada mi ero trovata davanti rappresentazioni emblematiche: nei film divertenti che avevo scelto c’era il giovinastro che pretende, senza nemmeno il bisogno di minacciare il commerciante, «un poco di prosciutto mmiez ‘o ppane», ovvero moneta sonante. C’era l’esattore del pizzo bonario e lamentoso. E infine, il boss vero e proprio, duro e minaccioso, a cui il protagonista, dopo aver elencato i rischi di un tale “mestiere” – gli omicidi, le vendette trasversali – chiedeva: «ma vi siete fatto bene i conti? Vi conviene?». C’erano i giornali dell’epoca, avevo passato l’estate intera chiusa nell’emeroteca Tucci, nel palazzo delle Poste, a cercare. C’era una città, una regione intera, c’era la criminalità organizzata che pareva un modo pratico per sopravvivere. Potevo smettere, io, di raccontare?
«Il titolo dell’antologia è una risposta alla dichiarazione di Berlusconi – ha spiegato Marcello ai giornali- noi siamo quelli da strozzare, quelli che scrivono e scriveranno di questo Paese perché a esso ci tengono veramente». La prefazione del libro è di Marco Travaglio, ci sono poi 18 saggi suddivisi in due sezioni: mafie quotidiane e modernizzazione delle mafie. Ci sono approfondimenti di storia, sociologia, economia, immaginario collettivo, argomenti psico-sociali, cronache e inchieste. E c’è un racconto, il mio: si chiama Le vite accanto, è la storia di Giannino e spero lo leggiate. Perché alla fine, come avrete capito, ho deciso di scrivere.
Grande. Questo post merita un applauso particolare.
Perché?
– per il piacere reciproco di Lie to me, che una volta a settimana incolla me e la mia agrodolce metà allo schermo sotto un plaid o col ventilatore addosso, a due puntate alla volta;
– per l’arrivo dell’autunno di cui parli alludendo all’abbassamento del mercurio nel termometro atmosferico, visto che in estate sudo pure in acqua e mo posso muovermi senza scorrere come una mozzarella dell’agro aversano;
– per la menzione di Così parlo Bellavista che col tema del post non è che ci azzecca, ma di più (per chi non ha colto o non sa di cosa parlo è d’obbligo cercare su Youtube “Bellavista camorra” e cliccare sul primo risultato, previa sputazzata in aria così da colpirsi nell’occhio destro per lo scuorno);
– and at last but not Last al limone, per “alla fine, come avete capito, ho deciso di scrivere”. E non tanto per.
Onore a te e a tutti i 18,
il Collezionista di Attimi.
[…] non li ho visti: mentre Mark e compagni Robbie compreso calcavano il palco io ero a presentare un libro e a parlare di camorra e di paure che liberano e dettagli che permettono di ricordare, staccare una […]