Storie vere che raccontano a casa mia
Ha detto mia sorella che le ha detto un suo collega che una sua cliente aveva un serpente in casa, un serpente domestico.
Tutti si schifavano della bestia, ma lei no, lei gli aveva fatto costruire una bellissima teca di vetro riscaldata, lampade alogene pompavano luce e grosse pietre bianche si stagliavano sul fondo, gli permettevano di nascondersi quando ne aveva voglia, di snodarsi in piccoli labirinti: lei, dall’alto, guardava. Non so dire cosa provasse ma credo gli fosse seriamente affezionata: cos’altro se non l’amore può spingere una donna a comprare pulcini soffici e darli in pasto ad un essere bianco e con la lingua biforcuta? La malattia di mente potrebbe essere una risposta, obietterete voi, ma mia sorella e il suo collega assicurano: la ragazza stava bene, una persona seria e compita, nessuna particolarità in lei, niente di niente se non quest’affezione che la faceva girare per casa in compagnia del suo amico mollemente adagiato al trapezio delle spalle, stretto alle braccia quando studiava come fosse una preziosissima stola. Sì, perchè il serpente pareva ricambiare, in tutto e per tutto le attenzioni: si prodigava in torsioni, si sporgeva fuori dalla teca e al vederla arrivare cacciava fuori la linguetta. In alcuni momenti pareva addirittura sorridere! Così la nostra una sera si decise: erano madre e figlio, erano amici, due metri e mezzo erano troppi come distanza. Prese il serpente dalla sua cuccia montuosa e soleggiata come l’Arizona e lo porto a dormire con lei, a letto, al buio. Lo aggrovigliò nelle forme tipiche di matassa che usava tenere durante la notte e assieme presero sonno. Andò tutto bene: la mattina si risvegliò e il suo amico era lì, durante la notte s’era disteso accanto a lei, adesso ne copriva l’intera altezza o quasi. Adesso passavano insieme tutto il tempo, lei era felice e così pareva anche lui, portato a spasso e a letto e messo nella teca solo quando in casa qualcuno si lamentava più del solito. In questi casi il serpente pareva prendersela a male: si rattrappiva, la teca pareva stargli stretta e perdeva anche l’appetito. Non voleva più pulcini, non voleva più nulla. Per giorni non mangiò niente, digiuno assoluto, e per questo la nostra, preoccupata, lo portò dal veterinario. Il veterinario lo esaminò per bene, volle conoscerne abitudini e impostazioni di vita, chiese addirittura le misure della teca. “Allora, non c’è proprio nulla che è cambiato negli ultimi venti giorni?” chiese, infine. “Beh – fece lei – una cosa c’è. Sa, a vederlo tutto solo, di notte, l’ho preso e sono due settimane che dorme accanto a me”. Orgogliosa continuò: “Dovrebbe vederlo: sta steso proprio come un cristiano! Mette la testa accanto alla mia, sul cuscino, e ormai è cresciuto tanto che mi tocca quasi i piedi!” “Bene, – disse il veterinario- allora è tutto risolto”. “Davvero?” fece incredula la ragazza. “Si, – rispose sorridendo il medico degli animali – il suo serpente sta benissimo. Ha solo deciso di mangiarla e per questo motivo sta prendendo bene tutte le misure”.
Ecco perché si dice parenti serpenti… perché son capaci di dormirti accanto e poi ti mangerebbero in un sol boccone.
Che paura!