A meno che tu non sia Spiderman

Per la prima volta in luglio, in Italia, ho freddo. Per la prima volta in vita, a ventotto anni, ho delle richieste. Segnali della fine del mondo: io sto all’erta nel leggerli in cattivi governati, morte di personaggi eminenti, guerra e guerriglia civile, sospensione dei diritti umani, non mi era mai capitato di trovarne in me stessa. Solitamente io ho sempre caldo e per principio non chiedo mai un cazzo, piuttosto mi macero il fegato nell’aceto. Invece ho le maniche lunghe e sono un disco rotto che fa: ascoltami lasciami dormire passami uno scialle riportami a casa prima di mezzanotte prendiamo un caffè? Scusatemi tutti, voi che avete a che fare con me in quest’estate 2011. Sono una specie di puma feroce, lo so: l’impiegato delle poste mi ha inavvertitamente strappato il libretto e mi ha dato la colpa, ha detto che lo distraevo; un amico mi ha fatto notare che guardo alla specie umana genere maschile come certi gerarchi minori del terzo reich guardavano alla Polonia nel settembre del ’39.

L’altro pomeriggio, mentre il vento intrappolato tra i timidi grattacieli italiani prendeva velocità, io battuta su una panchina a bere caffè zero pensavo: la più grossa richiesta che ho fatto al mondo in questi giorni è stata di lasciarmi al rosso di un semaforo. Il mondo ha detto okay va bene e mi ha baciato in fronte, come si fa coi morti. Non so cosa mi aspettavo, forse di essere presa per i polsi, ma il mondo queste cose non le fa: il mondo ti lascia sempre andare, se ti permette di tornare o di trattenerti lo fa solo per mostrarti come le cose e le persone vanno benissimo avanti senza di te, tipo treni della metropolitana su cui non hai fatto in tempo a salire. Col cazzo che i treni della metropolitana ti aspettano e ti scarrozzano con delicatezza, non sei mica nata a Berlino dove se perdi l’M4 c’è la S-Bahn e via dicendo. No, tu sei di Napoli, ai treni sei abituata a correre appresso, a battagliare una volta salita a bordo per conquistarti la tua quota parte di aria respirabile, figuriamoci.

Secondo me il rapporto che uno intrattiene coi mezzi pubblici la dice lunghissima sul rapporto con gli altri esseri umani: vivendo in Campania stiamo messi proprio bene, dunque, è già tanto se non ci sputiamo in faccia. Personalmente a me le cose  quando vanno bene mi arrivano giuste giuste, come succedeva l’anno scorso coi treni verso piazza Amedeo. Ci salivo a rotta di collo, spesso supplicando il capotreno di riaprire le porte e quando arrivavo a destinazione Andrea mi stava già aspettando da venti minuti, ovviamente girato di cazzo anche se erano appena le nove. Quando invece le cose vanno male io preferisco farmela a piedi per chilometri mentre con le cuffiette nelle orecchie gioco a fare Richard Ashcroft. Le cose possono andarmi anche molto bene e allora sono autobus lentissimi presi in compagnia di qualcuno che non ha fretta, ma questa è un’altra storia.

Comunque, la domanda topica su cui i Snow Patrol fanno fatto una canzone, canzone che miliardi di femmine hanno cantato fingendo non curanza perché così si fa, non andrebbe mai fatta sul serio. Voi chiedereste ad un treno di fermarsi a riposare assieme a voi e di dimenticare il resto delle fermate, i semafori, i tizi che hanno già fatto il biglietto? Ecco. Se poi avete lo stesso istinto suicida mio a fare domande o credete di essere Spiderman contro il dottor Octopus, cazzi vostri. Qui c’è un video esplicativo : nel migliore dei casi preparatevi ad avere problemi alla colonna vertebrale perche la risposta è sempre no. E non per cattiva volontà quanto per mancata predisposizione dell’universo o del principio d’inerzia.