Ciao, me stessa del passato
# Ti ricordi quella promessa fatta sul balcone di una casa che adesso è vuota (vi hanno mandato via di lì in fretta, pieni di furia, vi hanno accusato di aver lasciato scritte offensive sui muri, come se l’unica cosa che importasse fossero, infine, pareti immacolate, ed è buffo pensare che alla fine le hanno avute), ti ricordi? Avevi male alla gola, un cuccichio, come si dice dalle nostre parti (perdonami se parlo al plurale pur essendo una sola, perché io ti scrivo e tu non puoi leggermi, e per queste cose bisogna, necessariamente, essere in due), pensavi non sarebbe passato mai più. Per questo ti sentivi nel pieno diritto di star col muso poggiato su una ringhiera verde, come a cercarti il fresco del ferro arrugginito e rosicchiato in quel luglio rovente in cui tu stavi povera di voglie e attenzioni. L’estate è sempre stata un avventuriero, con te: non ti diceva l’ora, non il giorno, ma sentivi sarebbe venuta a prenderti. La persona che ti era accanto, per tranquillizzarti, ti diceva bugie: era a causa di un nocciolo di pesca, se non riuscivi a deglutire, i tubi non erano parole ammesse nel discorso, e devi convenire, adesso come allora, la frutta di stagione era una scusa decisamente migliore rispetto alla verità. Anche la promessa fatta, era una promessa stupida, non l’hai rispettata né tu né la persona che era con te, e lo sapevate benissimo tutte e due, ma aveva la stessa funzione della bugia:
fare prestiti di fantasia alla vita;
disegnare un passato e un futuro poco probabili;
chiamarli fuori dal conto dei giorni e dire, esattamente 9 anni fa, che la giornata di oggi, sarebbe stata possibile.
# ” ‘A carne se jetta”
” ‘E cane s’arraggiano”
E melenzane. E limoncello. E il piatto dei formaggi. La domenica, molte domeniche, per anni. ” ‘A carne se jetta”, litigate sempre, ” ‘e cane s’arraggiano”, che state a fare ancora insieme. “Non è più come una volta”, e tu muta, dietro la porta “perché non la lasci”, zitta, sempre dietro quella cazzo di porta. Avresti supposto, all’epoca, che un giorno avresti reso grazie alla spudoratezza di quella donna che con il fare spiccio di chi ha casa, lavoro e un pranzo da portare a tavola, metteva fine alle tue domande (e dunque anche alle tue illusioni, o vaneggiamenti, o sentimentalismi) sulla tua storia d’amore con suo figlio, facendo a lui le domande giuste, con la saggezza popolare a supporto, e non a te? Avresti supposto, sì. Perché all’epoca, riuscisti a dire a te stessa, beh, in fondo, se lo dice lei, se lui non le risponde, se io non riesco a dire nulla, è giusto così. I cani inferociti li avevi in petto, la carne più che buttarsi, ti faceva male. Ma non tutti stanno male come noi, non tutti riescono a tuffarsi in acqua alle due di notte solo per sentirti fuori come ti senti dentro, allora ci hai passato ancora un anno a dire che era giusto, prima ti sei fatta cornificare quanto bastava per non sentirti in colpa a non serbare mai più alcun rancore per la persona senza la quale non credevi di poter mettere assieme un giorno e una sera.
#L’anno dopo, in quella stessa giornata, facevi lo stesso lavoro che fai adesso e credo fossi felice. Non sapevi che la ricorsività del tempo è clamorosamente in controtendenza con la sua velocità. La domanda del come e quando è tediosa, e insieme, eccitante, allora, a cavallo di 24 mesi, scoprivi quanto poteva essere fresca una certezza, come un cuscino, un letto. Avessi avuto sessant’anni ti sarebbe bastata per sempre, ma purtroppo non li hai che a fasi alterne, e ti preferisci comunque meno intelligente (perché l’intelligenza ti impedisce di essere stupida, e dunque felice, e dunque fiduciosa, giocosa compagna)(oltre a costarti molti più attacchi di panico).
#Cara me stessa del passato,
in una lettera scrivevi che ti era impossibile scegliere la piscina, se potevi avere il mare agitato. Anche a costo di morire, tu la piscina non la volevi. Poi, ovviamente, al cospetto di acque poco calme ti paralizzavi. Mai preso in considerazione l’idea dell’opzione C, un mare tranquillo, placido, o continua a sembrarti solo una piscina più grande? Volevi la scelta e il controllo, ma non sei mai stata timoniere. Al massimo nuotatrice. Nuotatrice va bene.
#In un precario conto dovresti tenere a mente anche gli anni ultimi anni zero e l’opzione ricerca mail offerta dal tuo gestore di posta elettronica, che ti dice quante altre lettere hai scritto nelle giornate del 13 luglio del 2007, 2008 e 2009, e quanto meno utili fossero mano a mano che gli anni passavano: sei stata tu a crescere, e quindi a chiedere di meno, e far meno domande, o sono stati gli altri a rivelarsi meno attenti, e quindi meno seducenti ai tuoi occhi? Quando hai smesso di chiedere e cominciato a rispondere e basta? Occupano menzione particolare le mail al tuo migliore amico dell’epoca, rivelatosi uno stronzo esattamente come la maggior parte del mondo ti diceva (in realtà gli davano del cazzone , e tu no, no, che non si dica che ti uniformi, che parti da pregiudizi, tu ti devi fare del male in maniera diretta, autonoma, eh eh, sennò che male è?)
#E comunque, ragazza di venti, ventuno, ventidue e passa anni, quante cose hai visto che non credevi? Le foche nel molo di Howth, ad esempio, e quel particolare vento freddo sull’oceano, il bicchiere di caffé americano tanto bollente da non poterlo stringere se non tirando la felpa sui palmi; e ancora, quel vento caldo intrappolato tra i simil grattacieli popolari del centro direzionale di Napoli e l’estate che hai passato chiusa in emeroteca, e non sapevi che non avresti mai più potuto passarci in mezzo senza ricordare il titolo di quel giornale degli anni Ottanta che ne sbandierava il costo esibendolo come “prezzo per la modernità”?
#Fai domande da un’email che mi hai scritto, cara me stessa del passato, inviandola nel futuro attraverso uno dei trucchi del web e non sai che penso che ogni momento va preso nel suo essere, e che niente in fondo può girare come una chiave nella porta, altrimenti ciò significherebbe che sei rimasta dov’eri, e sappiamo entrambe che non è così. La tua migliore amica, che è anche la mia, una volta ti ha detto che bisognava chiudere i cicli e non per una questione di karma o che, ma per pulizia: la vita non è un cerchio tondo come un hula hoop, non te la puoi far girare sui fianchi, ci sono momenti in cui sei linea retta. E in quei momenti lì, che non sono ritorno, ma solo andata, in quei momenti lì che ti pare di non sapere niente e di dover mettere assieme una giustificazione a te stessa per il fatto che non aspetti il secondo o il terzo giro, in quei momenti lì, proprio allora, quando non ti dici bugie, non resti zitta, smetti di chiedere agli altri ma solo a te e invii lettere nel futuro, non lo sai, ma ti stai già preparando ad essere diversa da com’eri.