Voler bene a Paola Turci ( come ne vorremo un giorno a noi stesse)
Ho sempre creduto che Paola Turci fosse stata troppo e ingiustamente sottovalutata e che non le fosse stato riconosciuto il giusto e sacrosanto merito. Poi Paola è andata – meglio, è tornata – a Sanremo e ha fatto come fanno sempre le donne quando non c’hanno tempo da perdere: ha messo un po’ in ordine le cose, e via. E io l’ho adorata come al solito, più del solito.
Da quel momento ho scoperto tantissimi altri – in alcuni casi insospettabili – innamorati come me di questa forza della natura. È come se lei stessa c’avesse dato il permesso di venir fuori. Voglio ben dire: Paola Turci ha tutto. Ha la rabbia, la dolcezza, il rock, la storia, la voce, la musica, il modo, il portamento. Ha la forza.
E oggi viene a Napoli a presentare “Il Secondo Cuore”. E siccome qui non ci facciamo mancare niente, deve vedersela con Napoli-Juventus, il ritorno.
(Sì, lo so che la presentazione del disco è alle 6 e la partita non comincia prima delle 9 meno un quarto, ma in questa città vige una sorta di coprifuoco preparatorio ai grandi incontri che prende 2 ore minimo: quelle di impazzimento mentre esci da lavoro/tenti di far la spesa/rinunci e ordini una pizza/cerchi un modo per tornare a casa mentre ci provano anche tutti gli altri/ci torni davvero e chiudi la porta su una città che sembra in preda ad una crisi isterica che culminerà in un religioso, dormiente silenzio. Se va tutto bene, sarà interrotto da un paio di urla spaccatimpani e dal citofono della consegna a domicilio. Se va male non lo dico neppure. Vi basti sapere che potrebbe anche succedere che la pizza, il ragazzo delle consegne, il pizzaiolo, si sperdano per la via anche se dal negozio a casa mia stanno sì e no 200 metri)
Di seguito, però, una dichiarazione: partita o meno, oggi dovremmo andare tutti e tutte a stringere la mano a questa donna. E io lo farò.
Perché bisogna voler bene a Paola Turci come ne vorremo un giorno a noi stesse. Bisogna voler bene alla sua voce, non solo quando canta. Bisogna voler bene alle sue parole, non solo quando sono in una canzone. Bisogna voler bene alla sua faccia, adesso e prima – c’è un adesso e un prima ma solo per il tempo, sì – come alla nostra, perché ci ricorda cose che altrimenti perderemmo. Cose che altrimenti non sapremmo manco più. Tipo che ciò che accade è come luce sulla pagina di un libro: ne può rendere accecante una metà, troppo scura l’altra. Tipo che la storia scritta su quelle pagine non cambia o si ferma per questo. Che la storia va avanti e prosegue nonostante questo. Che luce ed ombra passano entrambe e che scrivere – e cantare – è un modo per vivere, uno dei tantissimi possibili.
Io gliene voglio già: un gigantesco “forza” per ogni santa volta che l’ho vista in tv o l’ho ascoltata in radio o ne ho cantato una canzone e poi un’altra e poi un’altra ancora, tipo ciliege, tipo ieri e ieri c’è stato un momento in cui non volevo sentire nemmeno mia mamma. Sono orgogliosa di lei, ma non orgogliosa e basta, no: proprio quella cosa che tu pensi, di una donna come te, che è bellissima, che è una potenza, che c’ha la forza di una che si è detta da sola le cose peggiori, ha avuto le paure più terribili che si possano avere, e poi si è detta: beh, vuoi aggiungere qualcos’altro?
Quando una donna c’ha questo tipo di spirito o di ironia, come fai a non fare il tifo per lei. A non vedere la grandissima guerra combattuta ogni giorno per non diventare una povera stronza (tante di noi lo diventano, non se ne accorgono neppure, dico davvero). A non dirle: oh, grazie, seriamente, per non aver mollato. O per aver sempre ripreso.
Ecco, io non so se queste cose riuscirò a dirgliele davvero oggi che ce l’avrò vicina in linea d’aria. Spero di sì. Però intanto, intanto, ascolto lei e la lascio ascoltare anche a voi, in una playlist piccolissima ma che è quella che mi ripiglia ogni volta e magari ripiglia anche voi.
- L’uomo di ieri. Questa è una canzone del 1986, la sua prima incisione discografica e il modo in cui guardo io a certi uomini – in questo periodo ad uno in particolare -. Comunque: “Era un uomo così, ma con delle possibilità. Lo so io” non è la frase riassuntiva per ogni ex che meriti il titolo?
- Bambini. Non ve lo devo dire io, no. Ma questa canzone potrebbe esser uscita ieri pomeriggio, più o meno quando abbiamo cominciato a guardare le foto che arrivano dalla Siria. Nel video, Paola fa una cosa bellissima oltre ad essere se stessa: ribadisce chi c’è con lei a far quel miracolo sonoro. Le notazioni personali, in questo caso, sono due. La prima: ascoltare “Bambini” mentre sei una bambina ti fa sentire come se potessi tutto, tu, quella a cui la vita dice che non può niente; la seconda: è grazie a questa canzone se a 7 anni sapevo già chi fossero i desaparecidos.
- Ringrazio Dio. Canzone consigliatissima se vi hanno mollato e vuoi vedere che hanno fatto una cosa buona? È la forza di una preghiera di cui non so scandire le parole, gettata contro i muri. E comunque: “al mio uomo che è fuggito via, nemmeno un po’ d’affetto!”.
- Stato di calma apparente. Mettiamola così: se cresci sapendo benissimo di mostrarti fuori tosta come al solito mentre dentro ti senti una sorta di spettatrice di vite – la tua, quella degli altri – in “un continuo adattamento alle curve e al sentimento”, il tuo stato è proprio questo qui.
- Ti amerò lo stesso. Per questa canzone ci sono due link: quello della prima versione ufficiale, quello di una privata in cui succede una cosa bellissima (lo capirete se guardate e crederete all’esistenza della bellezza). Personalmente, in mezzo ci sono io e c’è – anche in questo caso – un uomo. Una storia, se preferite non scomodare l’amore. “Ti amerò lo stesso” è, comunque, anche amare lo stesso se stessi “nonostante veda quanta vita facile, quanto amore docile precipita l’immagine della nostra storia, se ti sembra dura ed invincibile davvero”.
- Io e Maria. L’ha scritta Carboni, se non ricordo male. E Paola, oh, vedi Paola, io non ho più voglia di farmi prendere il giro dalla primavera, soprattutto da quella di Napoli che è una piccola scostumata che entra senza bussare, ma a te aprirei la porta e ti farei un caffè senza chiederti niente, sperando che ad un certo punto sia tu a dire “dai, tiriamoci su, non vedi è primavera”.
- Volo così. Il verso “E mi riprendo i sogni, le speranze, le illusioni e tutto quel che sai di me; io mi riprendo questo amore in tutte le versioni e ricomincio a vivere”. Il modo in cui è cantato questo verso – poiché cantare è ribadire una possibilità -. Niente, mo me la sento un’altra volta (ed è la terza da stamattina).
- Quasi settembre. Aspetto la fine di agosto per questa, come una volta si aspettavano i temporaloni a segnalare che la fine delle vacanze era sì un fatto difficile, ma ne era tempo. Nel verso “e alla fine del viaggio arrivava il domani dentro un abito bianco come una sposa da sola verso l’altare” sono rintracciabili ragioni a supporto di varie cose che ho fatto, da sola, verso l’altare.
- Attraversami il cuore. Sottoscrivo, firmo e dichiaro: “per uno che ci riesce, mille ci provano all’infinito”. E comunque: “io non so fino a dove ci porteranno i nostri sogni ma so che fino a quando ci parleranno d’amore, continueranno a fiorire stagioni” e questa è una delle poche cose di cui sono certa stamattina.
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Per finire, senza dir niente in merito che è già tutto abbastanza chiaro, “Fatti bella per te”. Ci arriverò Paola, davvero: Napoli-Juve, amori e amorazzi, uomini di ieri e di oggi, bambini e voli, se provo a perdonare il tempo passato, ritrovarmi in una foto e ammettere di essere più bella, lo si deve anche al fatto che ci hai provato tu, prima di me. E ci sei riuscita.
Baci e forza Paola, forza Napoli.