Il blog era chiuso come un parrucchiere il lunedì mattina
e io avevo trovato un lavoro.
Poi l’ho perso, ma questa è un’altra storia. Mentre avevo un lavoro ero molto felice: mi piacevano le cose da fare, mi piaceva la gente con cui le facevo, mi piaceva anche il mio capo. Okay, quest’ultima affermazione non è completamente vera, ma poiché si ama solo nel ricordo allora diremo che: tutto era bello e io procedevo con grazia, avevo tacchi e buonumore con me anche la mattina di pioggia in cui ho preso una superbotta in motorino su viale Augusto.
A lavoro avevo una colonna sonora perenne di televendite di biancheria per la casa e batterie di pentole col fondo fuso per una cottura al vapore e pensavo d’esser molto fortunata che io in una fabbrica di materassi in lattice, per dire, mai avrei potuto stare: m’avrebbero trovato morta in una vasca di gomma bianca il giorno appresso e i giornali avrebbero fatto titoli sul perché m’ero avvicinata tanto al macchinario per la schiuma: Mistero alla fabbrica di materassi, giovane si rapprende nel caucciù.
Il mio lavoro, invece, consisteva in molte altre cose, alcune delle quali seriamente scassacazzo ma senza pericolo di vita imminente. Ancora, per un paio di ore a settimana non dovevo fare altro che mettermi in ghingheri tipo matrimonio e stare seduta ad aspettare. Non so se si può parlare di un’attesa vera e propria perché aveva tempi brevi- uno in cui cominciare, uno in cui finire – e in questo spazio vuoto ma ben delimitato io mi limitavo a sorridere: anche fare la cosa che meno mi riesce al mondo, aspettare, era funzionale e semplice.
In questo spazio vuoto e circoscritto io aspettavo email, cosa che mi pareva avesse assai a che fare con il mio karma ché aspettavo sì ma ricevevo, di botto, tutte le email che mi erano mancate nei mesi precedenti. E quando alzavo gli occhi dallo schermo pc azzurrognolo appena graffiato avevo facce simpatiche a cui sorridere. La mia aspettativa non veniva delusa e trotterellavo verso il finesettimana con lo stato d’animo adatto a passare il sabato in giro allo stremo delle forze e la domenica a letto in stato catatonico.
Questo per dire che mentre il blog era chiuso come una saracinesca di parrucchiere di lunedì mattina, fuori era un bel periodo pieno di vento, di telefoni, di sigarette e di fotocopie.