E’ il tempo che è, finalmente (cit.)

Molti anni fa, mi scoccio di contare quanti, è successa una cosa per cui si è sempre detto:  mi ricordo che. Se il tempo si confonde è forse colpa del caldo ma il trucco di tenere le cose vicino agli occhi mi riesce ancora: per questo tengo gli sbagli soliti nelle dita di una mano e nell’altra le cinque soluzioni. Metterle in pratica resta una difficoltà, ma tant’è.

Rispetto ad allora mi sento cambiata di poco, in fondo. Certe volte sono ancora una persona stanca di aspettare e stanca di esserci sempre, seduta sul bordo del letto con i piedi scalzi.
Scrivere cose che vorrei poter dire e dire cose che non si possono scrivere.
Un tizio che ci provava con me, quando era in vena di complimenti mi diceva: nella scrittura tu hai poco spazio per le bugie. Io gli sorridevo, ci credevo, anche se lui era uno di quei tizi che hanno con la vita lo stesso atteggiamento dei salumieri con gli affettati. Dalla sua aveva dell’ironia: mi chiedeva di non scrivergli, se mai mi fosse passato per la testa.

Dunque, veniamo a noi: la cosa più importante che mi è stata mai scritta in questi anni è stato un augurio di morte via sms. La cosa più importante che mi è stata mai detta è stata: smettila di aspettarti il colpo di scena, tra 10 minuti non sarà cambiato nulla. Fuori erano le tre di notte e più  delle parole dall’altro capo del filo a sembrarmi crudele fu il  tempo che mi rimaneva. Nella casa spenta avrei dovuto riattaccare, spegnere la luce della cucina, togliermi le scarpe e andare in camera senza svegliare nessuno, spogliarmi e mettermi al buio ad aspettare il sonno o la mattina. Era intollerabile. Tornare a misurare la distanza per invogliare il distacco. Dire: mezz’ora fa, due ore fa, ieri, l’altro mercoledì, due settimane fa, un mese, un anno o due. Senza alcuna garanzia che la persona in questione non si sarebbe mai più fatta risentire. L’incognita X bastardissima che sta nel futuro e che ti dice all’orecchio: ma tu cosa ne sai?. Mi veniva sempre in mente quella canzone di Don McLean, quella che dice: il muschio cresce grasso su una pietra che rotola.

Ma poi quella canzone l’ha rifatta Madonna e ci ha messo il ritornello breve e stupido al posto delle strofe lunghe. Ma poi io ho iniziato a fare il gioco inverso: tenermi accanto anche le cose e le persone che in qualche modo m’avevano ferito e fatto male. Perché potessi scoprirne i difetti, perché potessi apprendere con sollievo la notizia che erano più vicini ad un altro che a me.

Le cose più importanti, verrebbe da dire, sono allora le cose cattive?
Non proprio, è solo che ho molto rispetto per le parole dette fuori dai denti: siccome mi fanno paura ne sono attratta, siccome sono terribili non posso distogliere lo sguardo. Allora le temo e riconosco loro il pregio di farti tutto il male possibile subito, di essere sincere e chiare.

Io avrei sempre voluto rispondere: morite voi! è per voi che non cambierà niente!
Sempre voluto dire: io avrò ancora mesi freddissimi, sciarpe e code di cavallo.
Ma non ho mai detto niente del genere e non perché non lo pensassi o fossi troppo buona.
Era solo che dovevo trovare il tempo di scriverne.

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La cosa più bella del mondo sono le persone che ti dicono: resta. La cosa più bella del mondo sono gli impegni che ti senti sulle spalle, non parlo di competizione, no, perché in quello non sono buona, parlo dei piccoli orgogli nascosti nelle responsabilità. La cosa più bella del mondo è il tempo che viene. E anche quello che passa.
Disse lei mettendo il ventilatore a velocità 4.