L’atipica Estate – seconda puntata
Finisce che sabato mattina mi sveglio di buon ora, mi vesto tutta carina, e sono pronta ad affrontare le mie paure più recondite. Parliamo seriamente: io ho fatto poche vacanze nella mia vita e nella quasi totalità dei casi le ho fatte di riflesso, vedendo mare e spiaggia come ospite di parenti ed amici, contado sulle dita i gelati e le collanine del marocchino che potevo permettermi. Non posso dire di essermi mai sentita completamente rilassata perchè, anche stesa a quattro di bastoni sotto il sole, avevo piena contezza della mia posizione precaria: la mia presenza in quel determinato luogo è stata regolata prima dai legami di sangue di mia madre, poi dai miei rapporti con uno dei villeggianti aventi diritto e appartamento mobiliato. Da ospite incomodo sono sempre stata attenta: avete presente il girare in costume per casa, con i piedi scalzi e i capelli pieni di sale? Ecco, questo è il genere di cose che io non ho mai fatto a cuore leggero. Così come non mi sono mai arrischiata di salire in macchina con i piedi sporchi di sabbia e il pezzo di sotto bagnato. Ma soprattutto, quello che mi è più mancato nei miei giorni di mare, è stato il punto di riferimento da cui correre quando ti punge un’ape o quando hai l’eritema solare (e io, credetemi, ce l’ho ogni estate, anche se resto a casa mia).
Dunque, pensavo che questo bisogno di sicurezza potesse essere colmato a pieno dalla signora Agenzia di viaggi. Ah, ingenua. La prima signora Agenzia ha occhiali da sole anche se siede nel posto più scuro che io abbia mai visto. Una specie di basso tappezzato a nord sud ovest est di palme di maiorca e costa del sol. Ma il tasso di umidità era più o meno quello della foresta pluviale. Questa giovane donna appicciata di lampade mi squadra da capo a piedi, mi chiede cosa voglio e alla mia risposta basic, ovvero: “informazioni per un viaggio in nord europa, mi va bene qualsiasi posto”, mi rifila tre cataloghi di roba già vista su internet. In pratica, un’Expedia formato cartaceo enciclopedico che, in tempo di emergenza rifiuti, ho preferito lasciarle sul tavolo con tanti saluti. La seconda signora Agenzia, invece, come la terza e la quarta e la quinta le ho viste solo da dietro alle vetrine doppiate, spiando tra i milleuno volantini arancioni di offerte lastminute. Tutte queste signore Agenzie, difatti, alle 12 di sabato mi hanno detto “è chiuso”, dondolando mollemente il dito indice.
Quando io trovo un negozio chiuso in un orario in cui, normalmente, dovrebbe essere aperto penso che evidentemente i proprietari “e’ teneno e’ cchiu”, ovvero hanno soldi in abbondanza e non hanno bisogno dei miei: ovviamente, in questo caso ci ho aggiunto pure un paio di iastemme e me ne sono uscita con il Boss e gli altri cumpagnelli nostri (un saluto circolare alla fascia d’ascolto) senza colpo ferire, pensando che sarei ritornata alla carica lunedì.
Lunedì è oggi.
Di buon ora, vestita e truccata. Via Foria, via Duomo, i Tribunali, Piazza Dante, Piazza Carità. La signora Agenzia è aperta: dietro al bancone ci sono tre operatori tre e una fila di aspiranti vacanzieri che attendono di essere trasportati in mete da sogno. L’aria condizionata a palla smorza le similitudini con Caronte, il traghettatore di anime della Divina Commedia anche se la signora che mi prende in consegna e mi fa accomodare sulle poltroncine tiene veramente gli occhi di bragia. Mi guarda e dal muoversi delle sue pupille mi rendo conto che mentalmente sta soppesando la roba che tengo addosso:
Maglietta euro 6,90 da Terranova.
Jeans euro 19,90 da Alcott.
Sandaletti senza marca: dai 5 ai 10 euro.
Distruggere i sogni vacanzieri di una ragazzetta non ha prezzo.
Mi chiede come può essermi utile. Evito di dirle che potrebbe smetterla di fissarmi la maglia e propendo per una richiesta di informazioni basic: “stavo pensando ad un viaggio in nord europa. Sa, un posto fresco. Qualcosa tipo Dublino...Edimburgo… Stoccolma“. Mi risponde con un “hmpf. A Stoccolma che ci andate a fare. A Edimburgo…Boh. Dublino si potrebbe fare.” Ticchetta qualcosa al computer e mi fa: “e quanto vorrebbe spendere?” Moriva dalla voglia di farmi questa domanda, la cessa. Lo vedo da come sporge i canini. Sta pronta ad azzannare, lo so. Ma io sono superiore. La guardo negli occhi. Io sono Uma Thurman in Kill Bill. Le dico così, a bruciapelo: “ottocento. A testa”. Sorrido soddisfatta del mio bluff: è molto più di quello che io mi sono mai sognata lontanamente di spendere ma non potevo lasciar cadere la provocazione. Mi dico: “adesso la cessa capirà che faccio sul serio e si metterà a cercare su quel cazzo di computerino il mio viaggio perfetto e gratuito”. Invece lei non alza nemmeno lo sguardo e mi allunga un unico catalogo del peso di due kili e mezzo in cui pare essere racchiuso tutto lo scibile umano: passandomi il volume mi dice che si può fare ma bisogna che io mi ripresenti da lei entro un paio di ore. Mi dimentico di essere Uma Thurman in Kill Bill e mi trasformo in Fiorellino Giramondo: vedo già le capre i pascoli il Connemara Fiorella Mannoia il cielo d’irlanda i folletti gli elfi i trifogli e, ovviamente, la birra.
Ovviamente non faccio proprio caso al catalogo, se non per la pagina delle escursioni in treno: l’immagine di me in treno lungo le colline irlandesi va a rimpiazzare ampiamente l’immagine di me sul battello per le isole svedesi. Il Boss prova a farmi notare che i prezzi da catalogo superano abbondantemente una cifra ragionevole ma io niente, niente, non sento niente e sono Fiorellino Fiorellino Giramondo. Quindi lo trascino in Agenzia per il colletto della polo e lo faccio accomodare davanti a Caron dimonio. Caron dimonio deve aver subito sentito l’odore di una carta bancomat, secondo me, perchè ci ha guardato in faccia e ha sparato un prezzo assurdo, un prezzo che io non volevo manco interiorizzare e continuavo a chiedere “come? come?“, una roba tipo 1250 euro a capa. Il Boss sorrideva come sorride Jack Nicholson in Shining. In un primo momento ho seriamente temuto per la mia vita e per quella dell’operatrice dell’agenzia, visto che al Boss prendono gli scenzielli anche quando il conto del bar supera i sei euro. Subito dopo, mi è salita dentro un furore alla Bruce Lee ed ho costretto la signorina a rimangiarsi tutto quello che aveva detto fino a quel momento, come se avessi schiacciato il tasto rew. sul telecomando. La signorina è così tornata a più miti consigli, proponendomi un pacchetto interessantissimo Oslo–Stoccolma–Helsinki per 99o euro. Le ho chiesto se poteva aggiungere un’altra località al pacchetto interessantissimo. Tutta mielosa ha detto: “sì, certo, cosa preferisce?” Ho detto: “Lourdes” e così me ne sono andata mentre il Boss si rotolava a terra per le risate.
(la prima puntata di questa nefasta avventura alla ricerca del low cost è qui)