Tagcavani

Caro amore che vai a giocare in un’altra squadra

Tua madre assomiglia a Gloriana, ci sono foto mentre fate la grigliata di carne con tutti i parenti fuori al balcone, tieni i capelli lunghi che se fa troppo caldo tiri su in un tuppo, sei devoto a Padre Pio ma sei anche un po’ evangelico, ti sei sposato a vent’anni e poi hai lasciato tua moglie e due bambini per una moracciona del casertano, mammeta e pateto e frateto se mettono semp”o mienz”e fatte tuoje, e te ne vai a giocare al Paris Saint-Germain? Tu nella Sanità dovevi stare, insieme a me.

L’altro giorno davanti alla Caserma Garibaldi, stavano tre bambini con la tua maglia, e io mi sono commossa: sti tre criaturi, l’hai capito che abbuscano se si mettono quella maglia anche per dormire, quando comincerà il campionato? E io, io che mi sono girata una nave da crociera intera e poi ho corrotto il servizio di security per entrare nel ristorante dove stavi pranzando, e ti ho detto solo “no te vayas, por favor”, voglio sapere, dimmi, era meglio che mettevo a frutto la mia conoscenza del francese per mandarti a quel paese, e senza clausole rescissorie?

Amore mio calcistico con la stessa sorte dei miei amori reali che quando se ne vogliono andare di solito gli preparo le valigie, anche in questo caso non mi frega niente passare per la rancorosa di turno, che se te ne vai significa che non hai capito un cazzo, dunque acceleriamo le procedure. Su, che nessuno dei due più perda tempo.
Nessuno dei due più creda di essere compreso, pure se tu sei in campo e io davanti al televisore o seduta nella tribuna dei distinti. Su, che non siamo nello stesso bar, tu a dirmi, sì, ho baciato un’altra ma non come bacio te, e io a cercare di frenare l’impulso di commettere un omicidio: te ne stai andando a giocare in un’altra squadra, come è già successo, come fanno tutti, non sei né il primo né ultimo, e non è un problema di cui possa o voglia occuparmi.

Una squadra di calcio e un giocatore, mi dicono, non sono la stessa cosa. È lo stesso concetto che potremmo applicare ai sentimenti, dove l’amore e un uomo che dice di amarti, beh, lo capisci a dodici anni qual è la differenza. L’uomo può cambiare idea, il giocatore maglia, la squadra e l’amore dovrebbero resistere proprio in virtù della varietà di casi e di persone coinvolte, e allora si comincia a parlare di fede. Con il cazzo.  Io che continuo ad essere convinta che la bontà di Dio non stia nelle parole o nelle idee ma nelle azioni degli uomini, dimmi un poco tu, potrò rivolgermi ad un santo per farmi spiegare o mi basta un commercialista quando non avrò più alcun tuo cross da metà campo, alcun tuo tiro in porta?

Quando mi troverò di nuovo di fronte a quello strano sentimento che dice “mi manchi ma mi fai schifo”, ecco, non è che potrò chiamare un’amica e dirle, “senti, ci facciamo un giro al Bellini che sto un po’ a tre quarti”? Non potrò neppure cercare il parere di un uomo, sai quando chiami il tuo amico maschio per chiedergli una veloce traduzione uomo-donna e quello ti risponde “ma lass”o perdere che è nu povero strunz”, no, non potrò farlo, e non solo perché ci sarebbe da ridire sul “povero”, ma perché molto probabilmente l’amico maschio sta smadonnando pure lui, solo che manco lo può dichiarare apertamente.

E non credere, amore mio calcistico, che fossi attratta dal tuo culo più che dai tuoi assist come potrebbe pensare qualche maligno: i secondi erano più importanti del pur importante primo, perché se la vuoi tutta, io non sono capace di provare sentimenti o attrazione per uno che poi non è capace di darmi fiducia e fare il suo mestiere, e non mollarmi sul più bello. Cioé, io non posso dire “quant’è bello” di uno che poi si fa bestemmiare dietro per 90 minuti consecutivi una volta alla settimana. 

Perdonami allora, Edi, e cerca di capirmi: cominceranno ora con il revival su Maradona o con la storia di Zola, con i nuovi acquisti, con quelli che verranno per non lasciarci, con la nuova stagione, con il ritiro a Dimaro, per non confessare, ammettere, che quando ti abbiamo conosciuto avevi l’apparecchio ai denti e non il borsello di Luis Vuitton e che da te, proprio da te, ci sentiamo traditi come Cribari ad Utrecht.