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Primavera, amici e amori pret à porter

Bisognerebbe cominciare
da un punto qualsiasi a valutare
l’idea di amici amori pret à porter
AAA, comprensioni a progetto offresi
per la privamera duemila e sedici
chiama per raccontarmi la tua vita
per dirmi che ti dispiace
o per fare finta di niente
preferibilmente ore pasti

Caffé è la parola giusta
non compromette
lascia, pago io
lascia, non importa
metti da parte storie sfasciate come scarpe
usatissime e ancora belle
che la gente aveva tutta la uallera
ma solo quando stava con te

Amicizie come cappotti negli armadi
riponimi da un canto quando non hai più bisogno (di sciarpe, di abbracci, di carezze)
è primavera: nei negozi cerca
magliette, camicie, canotte,
prezzi stracciati
poca cura, poche responsabilità

Meteorologica è l’unica vera coscienza
che abbiamo di noi, al solito
e non c’è niente
niente di più pericoloso
che affondare il disincanto nel silenzio della primavera
che non bussa mai, piccola maleducata

“Meteorologica è l’unica, vera coscienza che noi abbiamo dello Stato”
diceva Magrelli, e mica aveva torto.

Un post necessario sulla difficoltà di mantenere propositi primaverili
se fuori diluvia

Okay, confesso: i miei buoni propositi per la primavera non erano altro che comprare un’armonica a bocca ed esercitarmi con le avversative (come insegna la buona Alanis) ma ammetto, ammetto di non aver tenuto nel giusto conto la scenografia.
Ho comprato golfini rosa fragola di filo da Mango e camicette a pois di organza bianca da H&M, capite.

Ho lasciato che l’estetista mi colorasse le unghie di verde acquamarina, per dire.
Mi sono lasciata andare, sì, ho ordinato Long Island come se fosse luglio e mancassero due settimane alle ferie (e lo sguardo di Gennaro il barista, ecco, solo adesso mi risulta comprensibile, diceva: ragazza, tu hai mai letto T.S. Eliot?) (Cioè, forse Gennaro diceva più qualcosa del tipo: ragazza, non abbiamo ancora messo a fare il ghiaccio in maniera seria in modo da annacquare tutti i cocktail del mondo e risparmiare sulla tequila, ma una citazione da T.S. Eliot non può mancare ad aprile)(e poi fa sempre scena pensare che io viva in Friends e che i baristi siano tizi onnicomprensivi che possiedono le chiavi del mondo e non solo quelle del bagno al cui specchio rifarsi il trucco dopo il secondo giro.)

Comunque. Io so di non essere sola. So che la fuori siete in tanti ad aver fatto un cambio di stagione che adesso sembra immorale. So che anche le farfalle nel vostro stomaco sono morte di freddo. Che anche voi vi sentite vicini ai protagonisti di “The day after” e sono qui per darvi il mio segno di pace: sì, c’è una buona possibilità che la versione più giusta e veritiera della poesia di Neruda concretamente applicabile alla nostra vita non sia “Voglio fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi” ma “Voglio fare con te ciò che la primavera fa con le persone che soffrono d’allergia”. Però c’è una buona notizia in tutto ciò: ce ne siamo accorti in tempo, io e voi. Possiamo ancora salvarci. Non faremo la fine di quella signorina che ho visto l’altra sera, roba che siccome il calendario diceva fine aprile, si era messa i sandaletti aperti (con le calze velate sotto, inorridite pure al mio tre) e appena ha cominciato a schizzicare sembrava stesse ballando la lambada a Piazza Miraglia. No, noi no. Noi resisteremo a questo buonumore indotto dal tempo e dal tempo disatteso, ricorderemo che la prima a prendere pali d’aprile è stata la Achmatova e se ha ce l’ha fatta lei, espulsa pure dall’Unione degli Scrittori Sovietici con l’accusa di disimpegno, anche noi possiamo, anzi, dobbiamo. 

Una volta ho letto da qualche parte che non c’è niente di più pericoloso che affondare il disincanto nel silenzio della primavera. La trovavo una cosa ragionevole. Ma, sarà il tempo fuori dalla finestra, mi pare troppo presto anche per affondarlo negli smoothies alla fragola mentre Rihanna canta cose tipo “Abbiamo trovato l’amore in un luogo dimenticato da Cristo”. Le uniche a vestire maniche corte di questo tempo sono le cafuncelle fuori dalle scuole: per quanto ridanciane e festanti, noi dovremmo seriamente cominciare a chiederci se siamo felici sul serio o il nostro è uno stato d’animo cui il meteo deve dare il permesso ( e se è così vi informo che per i prossimi giorni è prevista ancora pioggia)(l’ha detto Gennaro il barista) .

ps: dal selezionato gruppo d’ascolto di facebook mi si fa notare che manca una giusta menzione al problema capelli piastrati di fresco + pioggia primaverile, unione che vanifica ogni tentativo di assomigliare ad una donna posata e dalla morbida criniera, relegando la maggior parte delle esponenti del sesso femminile al ruolo mai dimenticato di Angelo Branduardi.

Si torna ancora in primavera. A meno che tu non vada in America Latina

Guida al classicone musicale di ogni primavera. Perché anche se Ivano Fossati io non credo che lo perdonerò mai, “io l’amore l’avevo in mente ma ho conosciuto solo gente” resta sempre la mia autoconsolazione preferita. 

Ivano Fossati io non credo lo perdonerò mai. Stima, rispetto, Ivano, ma meglio che ci teniamo lontani. Se Francesco De Gregori mi aveva tolto l’illusione sin dalla tenera età che ci fossero braccia entro le quali stare al sicuro – giacché con Francesco il verbo amare è una voce che va al passato (e qualche volta se ne fa anche un vanto) Ivano ha avuto la spocchia di dirmi, quand’ero già grandicella, che no, forse si poteva davvero fare questa cosa di abbracciare giacche sotto il glicine e far correre e correre.

Non me lo sono sognata, Ivano, hai detto proprio così: inciampa piuttosto che tacere e domanda piuttosto che aspettare e stancami e parlami. Dovrei venir a prenderti sotto casa per le volte che mi sono strafacciata.

Racconta  – hai detto, anzi cantato, quindi è peggio perché è la metrica musicale a permettere il passaggio da cazzata a meme – racconta, e spiegami tutto questo tempo nuovo che arriva con te Ma certo. Vieni che te lo spiego, accomodati, ti preparo pure il caffè. 

Un paio di anni fa anche se sembra esser passato molto più tempo, mi son risalita l’Italia in treno, andavo ad una conferenza incontro di quelli dove vado io con le mie spiegazioni dettagliatissime su cosa significa avere 30 anni in questo paese. Avevo deciso di partire davvero il giorno prima, come al mio solito, quindi nemmeno il tempo di mettere un paio di jeans nello zaino. Un po’ l’avevo fatto apposta: sull’intercity, quel luglio, volevo esserci solo io, senza bagagli. Però mi ricordo bene che caricai il lettore, e mi ricordo bene perché ci misi su una sola canzone, che non dirò mai. E con questa canzone segreta nelle orecchie arrivai fino a Pisa, se non sbaglio. Poi quando a Pisa cambiai binario decisi di cambiare anche colonna sonora, e umore, soprattutto. Il free bar della conferenza incontro fece il resto: tornai a casa nuova di pacca, bravo Ivano.

Poi succede che un giorno mentre corri a prendere il bus, la radio che ti ostini ad ascoltare passi E di nuovo cambio casa. E tu, ormai sul bus zeppo affollato logoro sporco atroce, con la tua bellissima camicina a fiori comprata da Oblomova un sabato pomeriggio che c’era il sole e tutto sembrava andasse bene tra te e le tue parole (e anche la tua anima, certo), ti accorgi che forse, forse, oh, vuoi vedere che Fossati un po’ c’ha ragione a vender casa per un motore? E con “la mia fantasia un po’ danneggiata, da troppo parcheggiata” come la mettiamo? Cambiare casa come cambiano le cose non è quello che vorremmo far tutti? Forse la faccenda raccontata non riguarda tanto un uomo che non vuole più precludersi alcuna possibilità e usa il cambiamento di orizzonte dalla finestra come incidentale nel cambiare donna e amore o viceversa ma il contrario.

E gira gira e gira gira, si torna ancora in primavera e mi trova che non ho concluso niente.

Già.

Va bene, Ivano. Me ne vado. Metaforicamente, ovvio. Mando trecento richieste ad Immobiliarepuntocom. E mi prendo anche i cocci, li riparo con quella tecnica giapponese del kintsugi e ci scrivo un post, va bene? Vado avanti, caro, va bene.

Fintanto che nessuno è come me, certo. 

 

Questo post lo dovevo a Lilly. Assicuriamo che nessun cantautore italiano è stato maltrattato durante la realizzazione di questa breve ma intensa riflessione.