Il Fatto del Giorno
Io me lo ricordo bene il giorno in cui ho deciso che avrei fatto la giornalista. Non ne conoscono la data esatta ma non ho dubbi sull’anno, sull’ora, sul posto in cui ero quando ciò è avvenuto, su cosa stavo facendo, chi c’era con me e quello che ho pensato esattamente. Ed era, appunto, il 1992, ora di pranzo, a tavola con mamma papà sorella, nel piatto risotto con i funghi della knorr e in tv il tg2. Il tg2 manda in onda un servizio sulle stragi di Capaci e via D’Amelio, le immagini sono di repertorio, ci sono autostrade e persone e piccole case a due piani. La voce del cronista dice qualcosa sugli uomini, su quelli che non parlano. Dice che rassomigliano alle loro case, basse e dalle persiane chiuse, e io ho pensato che se si poteva dire una cosa così su un fatto tanto brutto allora c’era un trucco nella lingua, nelle parole. Ho pensato che c’era un modo per raccontare anche le stragi, le morti, l’omertà, e che il temino sul Fatto del Giorno che facevo per la scuola ogni lunedì compiando la prima notizia simpatica trovata sul televideo, avrei potuto scriverlo io per davvero e raccontare qualcos’altro. Iniziò il periodo dei Fatti del Giorno su disatri e sciagure. Avevo anche un metodo per segnalare la gravità della notizia: affianco a quello che doveva essere il titolo, ci mettevo una specie di quadratino disegnato coi pennarelli. Più la notizia era, secondo me, grave, più il quadratino diventava scuro, passando veloceveloce dal rosa dello sposalizio di mio zio al marrone del furto con scasso alla vecchia di fronte. Il quartiere dove abitavo mi dava la sua bella mano: in quello stesso anno uno dei wuagliunastri andò a nascondere la droga dietro la statua della madonna.
Quindi quando uno mi chiede, allora, perchè vuoi fare la giornalista, ecco, ho la mia risposta. Ho i miei problemi, invece, quando uno mi chiede se faccio la giornalista, dove scrivo, se ci campo, se ho capito-come-funziona, se mi sono abituata ad essere “leggera” o anche “flessibile”, perchè sono domande che mi faccio anch’io, da sola. Me le sono fatte anche oggi, quando sono scesa per via Chiatamone e salita al Mattino.
Santa Precaria ha avuto una menzione al Premio Siani e le mie domande, quando l’ho saputo, quando sono andata al mercato a comprare una gonna da mettere sotto la giaccca buona, quando sono salita al secondo piano, si sono triplicate. Ho letto “L’abusivo”, ho letto gli articoli di Giancarlo Siani, ho letto le sue lettere, visto le sue foto. Ho immaginato. Mai però avevo pensato a lui sulle scale del giornale, lungo la strada, e chissà dove parcheggiava la macchina mehari e chissà che pensava, se ne aveva coscienza, se una volta conosciuta una verità, staccata dal mare delle verità possibili, andava di corsa a scriverla o ci ragionava. Se aveva la stessa faccia che ha nelle foto o se queste polaroid gli hanno tolto prospettiva, lasciando solo il chiaro del sorriso e il nero della montatura degli occhiali. Mi hanno regalato un libro, al premio, un libro che raccoglie tutti i suoi articoli, dal primo all’ultimo. Nel mezzo dei due volumi stanno foto e alcune stampe, le copie dattiloscritte di un articolo. A margine, le sue note a penna, le correzioni e le cancellature, i numeri delle righe, prima mano e seconda. Giancarlo s’accorgeva, allora, delle verità più pericolose, di cose e persone che si sarebbero meritate il mio quadratino marrone? Limava le frasi, aveva trovato il modo suo per raccontare anche gli agguati, le morti, la camorra? Le parole gli erano amiche, gli sono state amiche a conclusione e c’era pace fra lui e cio che lui scriveva, quella sera di settembre?
E ancora: Giancarlo era precario o allora la precarietà non esisteva ancora se non in una lunga gavetta prima di salire a via Chiatamone? Se lo penso come si pensano le persone non conosciute, se mi baso sui libri, sulle fotografie, ha la faccia simpatica e viva; negli occhi e nelle parole di chi lo ha conosciuto c’è la voglia di fare e di aspettare come quella di chi ha ventisei anni appena compiuti e sente il tempo a suo favore, verso l’inverno e Natale e l’anno nuovo e quello dopo. Giancarlo Siani sorride. Io non sapevo cosa dire oggi, quando mi hanno dato l’attestato con il bordino dorato e i fregi e il microfono. Non mi ero preparata niente, non avevo gli appunti degli altri, i miei genitori erano a casa e sarebbe stato troppo semplice ringraziare e tornarmene al mio posto. Così ho detto che io vengo da una piccola città. Ho detto che oggi è la prima volta che scendo via Chiatamone e che fino a quel momento mi ero fermata a piazza dei Martiri come quei bambini che rifanno sempre la stessa strada per tornare a casa, senza mai girare l’angolo. Ho detto quello che pensano in tanti, forse. Che pensava, credo, anche Giancarlo. E cioè che Il Mattino, la redazione de Il Mattino, mi piace. Che tengo anch’io la fissazione. Che faccio la giornalista, anzi, che ci provo. Che lo faccio da precaria quando mi va bene, da disoccupata a nero quando va male. Che sarei voluta restare lì, se il direttore era d’accordo. Hanno riso tutti in sala, da Mario Orfeo a Ottavio Lucarelli, al boss che teneva la videocamera a Paolo Siani a Marco Risi. Ho riso, ovviamente, pure io. E per un brevissimo sottilissimo attimo, ho pensato di avere risposto a tutti i punti interrogativi e di aver sommato incertezza e memoria, la prima mia, la seconda di Giancarlo Siani.
(qui trovate il filmato. io compaio ogni tanto. per vedermi per bene, invece, dovrete aspettare domani, con foto e video)
Ciao Raffaella, sono Luciano …emigrante (come direbbe Massimo Troisi) dalla Campania a Torino. Ho letto il libro ed è davvero bello, ora che leggo del premio ti faccio i miei complimenti, so bene quant’è penoso vivere in un piccolo paese dove le opportunità son pari a zero. Certo, non che al Nord Italia cambi tutto, sia chiaro. Ma ti auguro, un giorno, di tramutarti da Santa Precaria in Madonna Assunta…resteresti sempre in tema divino!
cari saluti
In tema di cattive compagnie ti linko tra quelle del mio blog, mi sembra il caso. Ti ritroverai insieme a qualche gruppo, intendo rock, di amici e a un collega molto bravo di Caserta, anche lui più o meno nostro coetaneo e pure più o meno santo precario per Il Mattino.
Un giorno noi tutti si dovrebbe organizzare una grande festa.
[Nel video ho intravisto anche Rosaria Capacchione, spero tu abbia approfittato per scambiarci due parole. Io l’ho incontrata una volta per caso..]
Buondì.
farti i complimenti sarebbe banale. voglio solo dirti che sei una grande!!!!! l’unica vera e meritata, a mio modesto parere, menzione speciale. in bocca al lupo x tutto, tesoro!
ps la raccolta con gli articoli di siani sono il regalo più bello che ho avuto negli ultimi mesi
come sei elegante ed anche semplice, mi commuovo un pochetto.
mi ha fatto ridere quello che hai scritto, su quando ti domandano se sei una giornalista, che non sai cosa rispondere. perchè proprio ieri io chiedevo la stessa cosa a fidanzo, gli dicevo: io rispondo sempre che sono un architetto, anche se non sono iscritta all’albo, anche se qui a londra faccio qualcosa che si avvicina ma non è proprio l’architetto. secondo te mento? e lui mi ha risposto di no, che io non mento e non c’entra niente il lavoro nè l’albo, ma il fatto che quando cammino per strada alzo gli occhi e mi accorgo di quello che c’è intorno e se mi viene un’idea la disegno sui fazzolettini del pub. un pò come mettere i quadratini colorati alle cose che vedi, a immaginare le parole che useresti…
è una risposta consolante, lo so, ma penso che ci sia un pezzetto di verità
take care honey :*
[…] timidissima – che prendendo la menzione assegnata quest’anno a “Santa Precaria” ha detto al direttore del “Mattino” Mario Orfeo, in una sala strapiena: bello qui in redazione, oh quasi quasi […]